Perché la parola è vento, principio primo dell'essere, scintilla dell'infinito

lunedì 27 dicembre 2010

Fiaba di fine anno

Frank Dicksee, La Belle Dame Sans Merci. Oil on canvas. Bristol Museum and Art Gallery. United Kingdom.

C'era una volta, in una valle incantata
una dolce Principessa addormentata.
Non per magia o stregoneria di sorta
al bel mondo avea chiuso la bella la porta.
Ma per ferita di vita s'era tanto attristata
da cader pian piano addormentata.
Può la tristezza sui sensi ritorta
donar sembianze e apparenze di morta?

Giungeva impaziente da terra straniera
un destriero elegante dall'oscura criniera.
Di scatto, al galoppo veniva lanciato
fiero e possente al passo guidato
dai modi decisi, d'antica maniera,
d'un Cavalier ch'avea per stemma Chimera.
Destriero imponente, dal manto dorato,
dal lucido crine sul secco selciato.

Era nel vecchio castello imprigionata
dalla tristezza la Principessa addormentata.
Ricama, dipinge, s'intreccia i capelli,
le dita s'adorna di splendidi anelli.
Legge nei libri la vita agognata
ma nel suo cuore soltanto sognata.
Né seta d'oriente né nastri e gioielli
le donan sorrisi né uomini belli.

Da lande lontane in cui il freddo dimora
da nebbie e tempeste in cui il cielo scolora
il Cavaliere avanza con sguardo assetato
d'un luogo diverso, dal sole baciato.
Ferita si porta nel cuore signora
d'una fanciulla ingrata bruciante finora.
Stanco, deluso, triste, annoiato
il giovane uomo non più innamorato.

Melanconia di gesti, felicità negata
la Principessa aveano addormentata.
Mesto il ricordo, ardente il dolore,
avea rinchiuso in una pietra il cuore,
decisa a morir nella torre merlata
piuttosto che viversi fredda e sbagliata,
eppur sognando sconosciuto autore
potesse un dì ridonarle calore.

Pioggia battente, gelida notte,
al castello giunse, dopo tragiche lotte
il Cavalier sul suo destriero ombrato
chiedendo d'esser al riparo ospitato.
Cena regale, pietanze sì ghiotte
un caldo giaciglio ove passar la notte
vennero offerti all'eroe disarmato
e al suo destriero dal passo felpato.

Sorrisi e parole, nella sala adornata,
la Principessa aveano affascinata.
Sguardo gentile, Cavalier presente,
d'atteso coraggio e d'onor rilucente.
Ma una vena triste avea pur notata
negli occhi di lui la Principessa desolata.
Ciascuno un destino, a tratti dolente,
nell'animo inquieto, nel cuore struggente
ricordava la vita che le era stata strappata
e a lui rammentava la donna lasciata.

Fragile aspetto, improvviso dolore,
la Principessa sentì una fitta nel cuore.
La mano di lui s'un fianco posata
per sostenerla in quella notte angosciata.
Un abbraccio gentile, uno strano calore,
le guance soffuse d'un leggero rossore,
da baci, carezze, da labbra adorata
la Principessa s'era risvegliata.

Notte d'incanto, di stelle offuscate
da gesti e parole per nulla scontate
da un fuoco inatteso, ormai divampato,
il Cavalier sorride nel sogno fatato.
Risuonano lente le ore scoccate
i dolci sospiri, le mani intrecciate.
S'inarca il silenzio, d'un gemito alato,
s'un corpo perduto, che sia ritrovato?

Scomparsa la pioggia, la notte passata
ritorna la luce nella valle incantata.
Si scambiano lenti un sorriso sincero
la Principessa e il giovane uomo straniero.
Nessuna parola, promessa avventata
racchiudono il senso di quella giornata.
Richiama impaziente l'oscuro destriero
il giovane eroe dal vecchio maniero.

Sellato il cavallo, il mantello indossato
s'appresta a partire il guerriero rinato.
Negli occhi ha il suo volto, la bocca rosata,
il profumo fremente della pelle baciata.
Racchiuso nel cuore quell'uomo trovato
in una notte di vento gelato,
ritorna al castello e alla torre merlata
la Principessa ormai risvegliata...

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sabato 25 dicembre 2010

BUON NATALE!!!

Correggio. Adorazione dei pastori. 1522. Oil on wood. Alte Meister Gallerie, Dresden, Germany. 

A chi parte e a chi resta.
A chi decide di osare.
A chi ha paura di farlo.

A chi sogna.

A chi ride.
A chi lotta.
A chi non ha più la forza per combattere.

A chi vorrebbe essere altrove.
A chi è costretto a guardare in faccia il dolore.
A chi sorride.

A chi spera.
A chi non sa se continuare a sperare.
A chi crede che, nonostante tutto, valga la pena di vivere.

Ai miei fratelli ammalati.
A me insieme a loro.
Perché il Mistero che si fa Luce dia un senso alla nostra sofferenza.
Perché un Bambino che nasce sia il simbolo di una Vita che si rinnova.
Perché sentiamo di essere amati per ciò che siamo, così come siamo.

Alla mia famiglia e ai miei amici.
A tutte le famiglie.
A mio fratello che amo e che mi ama.

A tutte le persone che mi sono vicine e a quelle che non lo sono.
Al piccolo Gabriele e a tutti i bambini.
Agli adulti che hanno la responsabilità di educarli.

Ad Ariel, Nemo, Luna e a tutti i nostri piccoli amici animali.
Ai miei lettori e a chi non mi legge.
A tutte le persone speciali che ho nel cuore.

BUON NATALE!!!

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martedì 21 dicembre 2010

Incastri



Incastri di sguardi e sorrisi.
Incastri di pelle e sogni.
Incastri di mani.
Incastri d'abbracci.
Incastri di Vita.

Esiste poi l'incastro perfetto... ma quello è un segreto...

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mercoledì 15 dicembre 2010

Passi di danza


Scalza, senza pensieri.

Frullo ali di sogni 
nel tintinnio d'una campanella d'argento.
Scalza, danzo nell'ombra, 
nella poesia d'un inverno irrequieto.

Luce, muovo i miei passi.
Passo, tra una nuvola e un segno.
Sogno, folletti e sorrisi.

Scalza, sorrido al silenzio.

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lunedì 13 dicembre 2010

Scrivere


Scrivere per raccontare, per creare immagini con le parole, a volte sorrisi e buffe carezze, altre volte strette al cuore e tramonti. 
Scrivere per annodare pensieri di colore diverso. I miei pensieri oscillano tra il blu profondo e l'argento. Tesso trama e ordito con filati diversi. Arrotolo sillabe a frammenti di tempo. Ricamo stelle su improbabili strappi.
Scrivere per ricordare di esistere, per sentire che quel che scorre dentro non è gelido assenzio, ma sangue caldo e scuro.
Scrivere per tracciare sentieri di senso tra il prima e il dopo, per dare forma al presente, per non lasciare la presa.
Intreccio frammenti e singhiozzi, raccolgo lacrime in un diadema di perle, m'incorono regina del silenzio d'inverno. Attraverso il mio regno d'ombra, disegno schizzi di  luce sulla porta del buio. Traccio segni di luna sull'arcobaleno. Respiro cenere bagnata d'assenza. Non aspetto più.
Scrivere per custodire i segreti del vento.
Scrivere per impazienza di versi.
Scrivere per sognare di vivere quel che non sarò...

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giovedì 9 dicembre 2010

Libri e pensieri

William-Adolphe Bouguereau, Douleur d'amour (Elegy). Oil on canvans. Private collection

Non dormo, leggo articoli, i libri sono ormai sigillati lontano da me, penso, penso, penso... non ci sono soluzioni. Non provo nulla, come se le emozioni si fossero condensate altrove, sigillate, come i miei libri, i miei bellissimi, adorati libri.
Per comprarli ho rinunciato a tante cose, a una pizza, ai vestiti... Tutto era meno importante dei libri. Qualche settimana fa avevo fatto un elenco di quelli che avrei voluto prendere per avere l'opera completa di Neruda. Mai più. Non la finirò mai.
Non dormo, penso, penso ai miei libri lontani da me. Penso ai brividi che provavo ogni volta che ne sfioravo la superficie, all'emozione che mi scorreva tra le dita, all'odore della carta.
Mi ricordo quando andavo al liceo e non mi separavo dalle Illuminazioni di Rimbaud, quando a tredici anni ho iniziato a leggere Delitto e Castigo, quando mi sono perdutamente innamorata di Dostoevskij, al punto da portarmelo dietro al campo scuola estivo della parrocchia.
Penso al  David Copperfield dei miei dodici anni, ai poeti maledetti dei quindici, a Jane Austen e Shakespeare, a Tagore ed Hermann Hesse (mio Dio, al liceo andava così di moda Hesse, insieme a Bach col suo Jonathan Livingston e alla poesia struggente del Piccolo Principe).
Penso a Guerra e Pace, letto sulla sabbia rovente in un agosto rovente, e alla scoperta che leggere in spiaggia tiene alla larga improbabili corteggiatori.
Penso a quel giorno in cui mia mamma mi aveva detto che avrebbe piovuto (lo diceva ogni santo giorno) e io non presi l'ombrello... e venne giù un acquazzone indimenticabile; mi si rovinarono irrimediabilmente gli anfibi bianchi (ricordo che assunsero un colore tendente al verdino) e si bagnò il mio Rimbaud, angelo biondo e ribelle... ho quest'immagine di me che asciugo le pagine ad una ad una con il phon, sperando di recuperarlo. 
Penso a quando sotto la doccia imparavo centinaia di versi, perché la poesia va assimilata, assorbita, deve diventare parte di te.
Penso alla collezione di libri di fiabe, tantissimi libri di fiabe e letteratura per ragazzi, da Andersen ai fratelli Grimm, dalle Mille e una notte alle Fiabe finlandesi, dal Mago di Oz ad Alice nel paese delle meraviglie, dai racconti africani a Calvino e Rodari, dalle Piccole donne al Signore degli Anelli e Harry Potter. Ho sempre immaginato che le avrei lette ogni sera ai miei bimbi. Non ci saranno fiabe e, temo, nemmeno bimbi...
Penso al cofanetto con l'Iliade, l'Odissea e l'Eneide, con testo greco e latino a fronte... penso alla Bibbia che mi è stata donata da don Francesco nel giorno del mio battesimo; penso al prologo del Vangelo di Giovanni che conosco a memoria, in greco... penso al Cantico dei Cantici, al Qoelet e ai Salmi... penso al Libro di Giobbe... mi sento un po' come lui, escludendo la perdita di beni e figli e il fatto che non mi straccerei le vesti per nulla al mondo... non mi piace dare spettacolo...
Penso che a quest'ora avrei dovuto dormire da ore e invece sono qui a piagnucolare.
Penso a tutti i miei amati, venerati libri di poesia, da quella francese a quella sudamericana, da quella russa a quella inglese a quella italiana... penso che mi sento in esilio come Hikmet.
Penso al Maestro e Margherita e al vero amore, letto su un treno per Bologna. Penso a tutti quei libri che hanno dato senso a un viaggio, Palermo e L'insostenibile leggerezza dell'essere,  Roma e Chiedi alla polvere, Siena e I versi del Capitano, Firenze e le Venti poesie d'amore e una canzone disperata.
Penso a Proust che cominciava una frase a pagina 1 e la terminava a pagina 3. Penso a Goethe e al Faust, un po' meno alle Affinità elettive; penso a tutte le biografie delle grandi regine, al mio periodo egizio, a quello tibetano e al sempiterno russo. Credo di aver attraversato un bel po' di periodi, come Picasso, solo che i suoi erano colori e i miei parole. Penso alla mania compulsiva di leggere la bibliografia di ogni testo.
Le mie statistiche di Anobii mi ricordano che quest'anno ho letto solo ventidue libri... cavoli, sto perdendo colpi! Devo ancora finire Il libro tibetano dei Morti e Piccolo mondo antico...
Non credevo mi avrebbe fatto così male non poterne più prendere uno in mano. Si è spezzato qualcosa dentro di me. Qualcosa che lacera più del dolore fisico e dell'abbandono.
All'improvviso mi rivedo nei fondi antichi delle biblioteche fiorentine a catalogare edizioni a stampa del Cinquecento. Credo di non essermi mai più sentita a casa come lo ero lì, seduta su una sedia in pelle, tra migliaia di volumi.
Dovrei dormire, tutto questo non ha senso. Forse è solo un brutto sogno oppure sto impazzendo.
Forse leggerò l'Elogio della Follia, può darsi che il buon Erasmo mi illumini. Lo leggerò in pdf. Non è la stessa cosa...
Io non appartengo a quest'epoca...

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domenica 5 dicembre 2010

Come cera


Cera tra le tue dita
morbida da modellare
con l'anima fiera
di chi si arrende al fuoco
solo per liquido senso
solo per sguardo mutare.

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mercoledì 1 dicembre 2010

Avete solitudinis


Avete solitudinis Claustrique mites incolæ,
Qui pertulistis impios Cœtus furentis tartari.
2   Gemmas, et auri pondera, Et dignitatum culmina,
Calcastis, et fœdissima, Quæ mundus offert gaudia.
3   Vobis olus cibaria Fuere vel legumina,
Potumque lympha, præbuit, Humusque dura lectulum.
4   Vixistis inter aspides, Sævisque cum draconibus,
Portenta nec teterrima Vos terruere dæmonum.
5   Rebus procul mortalibus Mens avolabat fervida,
Divumque juncta cœtui, Hærebat inter sidera.
6   Summo Parenti Cœlitum, Magnæque Proli Virginis,
Sancto simul Paraclito, Sit summa laus et gloria. Amen.



Salve, o miti abitanti della solitudine e del chiostro,
voi che avete sconfitto lo spirito del male.
Voi avete calpestato i gioielli e gli ori splendenti,
le più alte carriere e le gioie che offre il mondo.
Per voi c’è solo cibo di erbe e legumi, l’acqua lustrale
vi calma la sete, e la dura terra è il vostro giaciglio.
La vostra mente lontana da cose terrene si eleva
ardente e si unisce nei cieli alle schiere celesti.
Sia resa grande gloria e lode al Sommo Padre celeste,
al Figlio eccelso della Vergine
unitamente allo Spirito Paraclito. Amen.