Mi chiedi in quale modo io sia divenuto folle. Accadde così: Un giorno, assai prima che molti dèi fossero generati, mi svegliai da un sonno profondo e mi accorsi che erano state rubate tutte le mie maschere - le sette maschere che in sette vite avevo forgiato e indossato -, e senza maschera corsi per le vie affollate gridando "Ladri, ladri, maledetti ladri".
Ridevano di me uomini e donne, e alcuni si precipitarono alle loro case, per paura di me.
E quando giunsi nella piazza del mercato, un giovane dal tetto di una casa gridò: "È un folle". Volsi gli occhi in alto per guardarlo; per la prima volta il sole mi baciò il volto, il mio volto nudo. Il sole baciava per la prima volta il mio viso scoperto e la mia anima avvampava d'amore per il sole, e non rimpiangevo più le mie maschere. E come in trance gridai: "Benedetti, benedetti i ladri che hanno rubato le maschere".
Fu così che divenni folle.
E ho trovato nella follia la libertà e la salvezza: libertà dalla solitudine e salvezza dalla comprensione, perché quelli che ci comprendono asserviscono qualcosa in noi.
Ma che io non mi vanti troppo di essere in salvo. Anche un Ladro in un carcere è salvo da un altro ladro.
Kahlil Gibran, Il folle
Non conoscevo quest'opera di Gibran, ma l'estratto che ho appena letto sul tuo blog mi ha dato la stessa sensazione meravigliosa di quando lessi "Il Profeta" e "Il giardino del Profeta". Me lo procurerò presto! Il tema della maschera fa pensare a Pirandello, ma l'esito, per lo meno da quanto si legge qui, è completamente opposto: sotto le maschere continua ad esserci qualcosa di unico ed autentico! Mi intriga - Yhwh, se mi intriga!
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