Freddo

 

Sette ore - IV parte

 

Non mi chiedo più il perché di tante cose... più che le risposte mi piacerebbe cancellare le domande. Ho caricato ancora il piccolo carillon di legno, l'ho sollevato nel vento perché le sue note arrivino a lui, perché gli si conficchino dritte nel cuore e ricordi, finalmente, quel che deve. 

Ma so già che non lo farà... fuggirà, come prima, come sempre. S'illude così di cancellare i miei passi. Gli stessi passi di un tempo, gli stessi passi che attendeva e temeva con l'inquietudine delle sue ragioni.

Continuo a sfregare le mani... fa così freddo qui. Ancora non piove. Sono così stanca, così lontana da tutto. Non sarei dovuta tornare. Avrei dovuto spegnere il buio prima di bruciare il silenzio.

Oh no, no... forse ho incendiato la notte e non me lo ricordo. Sarà il freddo che s'insinua tra le mie ciglia che mi confonde. Sì, dev'essere il freddo. 

La civetta è ancora sull'albero mezzo marcio e lui avrà ormai sentito le note attraverso il buio. Quei maledetti conti lo uccideranno e forse riuscirò a dormire anch'io. No, no, cosa dico? Non può morire. La sua condanna è vivere e contare serve solo a fargli vedere l'alba senza impazzire. Forse sono io ad esserlo già. Impazzita intendo. No, no, non lo so, non so più nulla. Le risposte ingoiano le domande. La luna ha un odore di zolfo putrido e il carillon ha smesso il suo triste compito. 

Fa freddo qui. Ucciderò un pensiero. E poi un altro e un altro. Fino ad aver perduto le risposte a quelle domande insensate. Fino ad aver raccolto parole mischiate alla terra, per seppellirle nel suo sguardo gelido una volta tornato da me.

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