Perché la parola è vento, principio primo dell'essere, scintilla dell'infinito

martedì 20 dicembre 2011

Alina

Aleksandr Deineka, Near water. Oil on canvans. 1935.

Ritratto III

Cos'è la realtà?
Ciò che per me è reale.

Era di marzo. Uno sfocato pomeriggio romano. I passi su via Nazionale si succedevano inquieti e veloci.  Palazzo delle Esposizioni mi guardava come se avesse qualcosa da dirmi ed io non volevo sapere. Lacrime silenziose di rabbia scivolavano lungo le guance. La lingua leccava il sale come avrebbe voluto leccare le ferite. Ma non si sarebbe rimarginato nulla.
Era di marzo e quei fogli in mano sembravano una sentenza di condanna. 
Alle spalle un passato irrimediabilmente perduto. Davanti un futuro presumibilmente segnato. Immobile, in quel presente che mi si stava sbriciolando addosso, c'ero solo io, coi pugni stretti e la mascella serrata.

Ritorna il buio, mi si accartoccia nell'anima come una foglia secca, smarrita di vita. Già, la vita. Quella che non avrò, quella che mi è negata, quella sbagliata che vivo. Sì. Sbagliata. Come voi. Vi siete sbagliati tutti. E questi fogli che stringo tra le dita ormai livide non sono qui. Sono solo un inganno dei sensi. 
Un inganno...
... dei sensi.

Ripetilo. Ripetilo ancora.
Ripetilo finché non diventerà reale.

Inspiro con tutta la rabbia che i polmoni riescono a filtrare, ma si mi mozza il fiato. Un dolore sordo nel petto, come una mano a stritolare quel che continua a rivoltarsi in me. 
Sbagliati, vi siete sbagliati tutti. 
No, non sta succedendo. Non sono io. Non sarò io la donna del foglio. Non sarò io. Non posso essere io. Non si può rinchiudere una vita in cinque pagine di parole ordinate. 
Non la mia almeno. Sono altro rispetto a quelle parole. Sono molto più della somma dei miei organi interni. Sono al di là di quel che appare di me.
La dittatura del corpo non renderà meno libera la mia anima. Il limite non sfiorerà uno spirito che non conosce misura. E il mio spirito non conosce misura. Nemmeno la mia rabbia conosce misura e brucia ogni goccia del sangue che pulsa nelle vene, pietrifica i giorni, avvelena il tempo. 

Ci sono disperazioni che si ammantano di solitudine e grigi tormenti. Ci sono disperazioni di arida terra e altre di acqua oscura. Ci sono disperazioni di vento. La mia disperazione ha il senso del fuoco che crepita e distrugge. La mia disperazione gronda sangue e impazienza. La mia disperazione è abbandono all'abisso che mi urla dentro.

Continuo a sentire il suo sguardo sfiorarmi la pelle rigata di rabbia. Continuo a sentire il suo richiamo. Palazzo delle Esposizioni mi osserva placido e imponente. Salgo i gradini, pago il biglietto, prendo un ascensore per il secondo piano. Il cuore batte al ritmo di un dolore feroce. Ogni essere umano sul mio tragitto sembra un manichino senz'anima. La gente intorno a me è solo ombra molesta. Vorrei essere sola.  Sono sola.
L'artista è il più noto pittore realista sovietico. Mi aggiro fra le sue opere, per decifrare il suo mondo e trovarvi riflessi del mio. Fisso immobile una donna che, immobile sulla parete, fissa degli uomini che corrono. Sembra la mia vita, immobile anch'essa, cristallizzata nell'istante in cui ho saputo di me, mentre tutto intorno continua a muoversi, a correre, a vivere. 
Il movimento che spazza via l'angoscia. L'essere inconsapevoli di ciò che avverrà. Non sapere quel che ti aspetta o potrebbe aspettarti può salvarti dal baratro. Così voglio chiudere gli occhi e riaprirli altrove. In altro tempo acceso. Nel movimento di me. Nell'attimo in cui tornerò a vivere e respirare.
Ed è allora che accade. Allora che vedo. I passi che mi hanno portato lì, scandiscono al mio sguardo poche parole, altre parole, parole venute dalle gelide terre di Russia perché fossi io a leggerle, fossi io a sentirle vibrare nei miei silenzi, tra il rancore e l'assenza di me.

"Nei periodi più brutti della mia vita mi sono sforzato di sognare ciò che c'è di più bello e ho provato a dipingere quadri pieni di sole".
Aleksandr Deineka

In quel momento ho compreso di poter ancora lottare e credere. In quel momento ho plasmato una realtà di speranza. In quel momento ho provato la prima, disarmante tenerezza verso me stessa e mi sono resa conto che la mia disperazione era solo una bambina che voleva essere abbracciata senza dir nulla...

Era di marzo. E mi restava altro tempo da vivere a modo mio.

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15 soffi di vento:

  1. Un bellissimo racconto Ale.
    Ha una forza e una tensione emotiva che (spero di no) derivano da un coinvolgimento autobiografico?

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  2. Grazie, nanetto... ogni scrittore ha i suoi segreti e le sue fonti di ispirazione, per cui lasciamo il mistero... l'importante è che i miei racconti provochino emozione: è quello che conta realmente. ^_^

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  3. "La mia disperazione è abbandono all'abisso che mi urla dentro."
    Di nuovo, riconoscimento.
    Dopo la meraviglia, sorge spontanea una domanda: ma tu hai mai pubblicato qualche racconto? Non te l'ho mai chiesto, e non lo faccio ora per adulazione, ma per curiosità pura....

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  4. No, Kalì, non ancora... ma questo è un progetto, chi lo sa? Se qualcuno apprezza, potrei pensarci...

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  5. Madò e c'cos. Mi hai fatto venire la pelle d'oca. Applauso con inchino!
    Un abbraccio.

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  6. Ho riletto il racconto due volte. Bellissimo davvero..
    Ho vissuto quel giorno di marzo insieme alla protagonista e, ti dirò, mi è piaciuto tantissimo ascoltare il suo sfogo :)

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  7. @ Max: quando parli barese mi fai commuovere! Sei un tesoro. Un abbraccio a tutta la famiglia

    @ Grace: sono davvero contenta che ti sia piaciuto ^_^

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  8. Io invece mi ero spaventata molto Ale...temevo fosse autobiografico, e ho temuto per te..bhe, a prescindere se lo sia o meno, spero che ora vada tutto bene, e che il tuo spirito come il tuo corpo siano sereni..
    Un abbraccio e scusa la latitanza, ma era un periodo molto pieno..

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  9. Mia piccola, Lo, tranquilla, questo è solo un racconto. Spero di leggerti presto su una nuova piattaforma. Un bacione

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  10. Anche quest'anno stiamo per raggiungere il traguardo e spero che i dolcetti natalizi ti siano venuti bene e che durino per tutte le feste.

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  11. Nessun dolcetto, ma un sacco di cosine fatte all'uncinetto (ecco la rima natalizia),
    bacini Frà!

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  12. Quoto Papasino, perchè ha sdrammatizzato una tensione che il racconto mi ha messo dentro, e che si somma a mille storie che vedo ogni giorno e che non riesco più tanto bene a sopportare.
    brava Ale, non posso non dirti brava.
    Mo' però famolo 'sto racconto allegro o ti vengo a prendere, ok??

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  13. Ma io nel dramma ci sguazzo!!! Proprio ora che sono così ispirata e che non riesco a fermarmi... i racconti allegri sono su un altro blog che riapro a marzo, anzi, quelli fanno proprio ridere ^_^
    Pelloncina mia adorata, non ti incazzare, ma per il momento riesco a scrivere solo così

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