Perché la parola è vento, principio primo dell'essere, scintilla dell'infinito

lunedì 7 giugno 2010

Un ricordo

Vincent van Gogh. Farmhouse in Provence, Arles. 1888. Oil on canvas. The National Gallery of Art, Washington, DC, USA.

Fissava il tempo, le pagine bianche tra un giorno e l'altro, le righe non scritte negli intervalli di vita vissuta a rincorrere ombre.
Fissava il tempo, quasi fosse il meccanismo inceppato di un orologio stanco, le cui lancette arrancavano l'una sull'altra in un ticchettio spossato.
Fissava il tempo con occhi spenti, un finto sorriso appena accennato, la stanchezza segnata a tratti sottili sul volto.
Domenica silenziosa e assolata. Un pomeriggio pigro di vento. Giugno sghignazzava tra una folata e una nube di passaggio, ironico e paziente, come le messi che ondeggiano sulla via del mare. Vi è mai capitato di percorrere quella strada e, invece di impregnarvi gli occhi del grigio dell'asfalto, volgere leggermente lo sguardo verso est? Se l'aveste fatto, anche solo una volta, avreste notato il vento solleticare i campi e le spighe bambine scrollarsi l'oro di dosso ridendo nel sole.
Aveva sempre ammirato la pazienza del seme nel morire per dare frutto e nel rinascere altro da quel che era, ergersi incerto dalla terra madre e protendersi al padre cielo. A volte, sospettava che gli uomini fossero simili alle spighe, con radici di terra, scossi dai venti, ma protesi verso un cielo irraggiungibile.
Chiuse gli occhi. Il sole inondò i suoi ricordi e rimase immobile e silenziosa tra le pieghe di un passato recente.
Lei. Lei che all'improvviso capisce. Lei che percorre una strada mai fatta: settanta km col cuore in gola solo per raggiungere Lui, per fargli sapere che era lì. Lui sorpreso, confuso, stupito. La raggiunge. Preoccupato. Lei che non parla se non per dirgli: "Ti amo"...
Che sguardo. È incredibile come si possano modificare i lineamenti del viso al suono di poche sillabe. Quello sguardo Lei non lo dimenticherà più. Il suo sorriso, i suoi occhi, i tratti del volto distesi nella pienezza di un sentimento condiviso.
Due parole per legarli come nemmeno il fondersi dei loro corpi era mai riuscito a fare. Due parole e la scoperta di appartenersi senza che mani avessero sfiorato mani e labbra si fossero schiuse su labbra.
Quando Lei pronunciò quelle parole, Lui sentì qualcosa infrangersi dentro, la devastante percezione che quella donna l'avrebbe travolto. L'ineluttabilità dei loro destini.
Quel pomeriggio di sole riemerse nitido nella sua memoria. Ciò che accadde poi era qualcosa che ancora non aveva scritto, lo spazio bianco sulle pagine di un tempo che continuava a fissare senza decidere cosa farne. Ciò che accadde poi era qualcosa che forse un giorno avrebbe decifrato senza provare dolore, ma che per il momento restava chiuso in una scatola azzurra dalla serratura d'argento.


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