Perché la parola è vento, principio primo dell'essere, scintilla dell'infinito

sabato 15 settembre 2012

Un nuovo inizio

Foto: Robert Doisneau, La dent. Paris. 1956


Il giorno prima che lei si sposasse ero a casa sua, agitatissima, perché non riuscivo a starmene nel mio letto a pensare che la mia migliore amica quattordici ore dopo sarebbe stata di qualcun altro. E così verso le 22 del 10 luglio i quattro km che separano le nostre due città videro una cinquecento bianca lanciata a velocità sulla stradina tutta curve. "Sembra che ti stia sposando tu" mi dicevano tutti. E lei sorrideva con la sua dolce pacatezza e la bocca a cuoricino, mentre io cercavo di controllare i lacrimoni quando l'ho vista arrivare, radiosa e bellissima, all'altare. I matrimoni mi emozionano tanto. Il suo ancor di più. 
Nove mesi dopo mi telefona per dirmi che, non si sa bene come, qualcuno s'era messo in viaggio e quel qualcuno voleva che io fossi la sua madrina. Era il 14 marzo e io caddi in ginocchio per la gioia. Doppi lividi e qualcosa di indefinibilmente immenso nel cuore. Passò la primavera, l'estate portò i suoi frutti gonfi di speranza, io e lei ridevamo ricordando le avventure scolastiche. Il cuore caldo dell'autunno si schiuse e l'11 novembre alle 13 qualcuno pensò bene di avvisarmi che si erano rotte le acque. 
La cinquecento in garage. Io tremante, felice e decisa a raggiungerla quanto prima. Come dimenticare la foga nell'uscire e il rimanere a mezz'aria sullo scivolo per aver scardinato la porta del garage, incastrando lo specchietto nella lamiera di alluminio? "Sbrigatevi, sbrigatevi, sta nascendo" mi sentivo ripetere frenetica, mentre mio padre disincastrava la macchina, non propriamente contento, e io partivo alla volta dell'ospedale, seguita dallo sguardo preoccupato di mia madre.
Su e giù per il corridoio. Su e giù per ore a contare le contrazioni. E no, non era ancora il momento. Su e giù a ridere, come sempre, lei rotonda, col suo sguardo verde acqua e i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia. Su e giù fino a sera. Fino alla grande paura. Fino all'abbraccio liberatorio quando il dottore, uscito dalla porticina, disse: "È andato tutto bene, fra poco lo portiamo al nido". L'incanto della prima volta in cui ho visto la stessa bocca a cuoricino in uno scricciolo appena nato.
Il tuo primo compleanno tra i monti. Quattordici interminabili ore di treno per raggiungerti e stringerti forte forte fra le braccia. Il Natale e l'estate. Le uova di Pasqua e tu che dici "Buono" all'agnellino di pasta di mandorle che sorride tra le tue manine paffute. Le macchinine per terra e noi due a lanciarle in gare senza fine. Le tue telefonate improbabili, approfittando di una distrazione e di un telefono lasciato incustodito. "Ti sto chiamando da un luogo segreto"... e giù a ridere come il bambino che sei, la bambina che sono.
Il 5 settembre ha segnato un nuovo inizio. La fine dell'estate ti ha visto crescere, all'improvviso, e raccontarmi fitto fitto il tuo primo giorno di scuola. Il primo giorno di un bambino sereno, immensamente amato, curioso e simpatico, intelligente e ciarliero. Un racconto pieno di vita, un progetto che si sta dispiegando, un legame che, nonostante la distanza, è cucito con fili d'amore e di parole. Tu che ridi, bellissimo e sveglio e poi  concludi: "E questo è tutto, ti passo la Roby. Passo e chiudo. Bye bye".
E io ci parlo sì, con la Roby, e rido al pensiero che la chiamiamo così, la tua mamma, e ancora non mi sembra vero che siano passati quasi sei anni dal giorno in cui ti ho preso per la prima volta in braccio e mi sono innamorata perdutamente di te, mio piccolo Gabry.

7 soffi di vento:

  1. Chi vuol esser lieto zia.

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  2. quest'anno mi sono dimenticato addirittura del compleanno di mio nipote cinquenne!!!! sono un disastro!!!

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    1. Ale che domande? Kermit pensava ? Diciamo che una certa " urgenza" lo richiamava verso altri mari...:)

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    2. Ah, doveva deporre le uova, immagino. Risale i fiumi? Che salmone.

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